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martedì 17 febbraio 2009

di Giuseppe Caliceti - SANT'ILARIO D'ENZA (REGGIO EMILIA) Il partigiano E GLI STUDENTI COME I BAMBINI DI OGGI RICORDANO UN ECCIDIO NAZISTA

Il 14 febbraio del 1945 i nazisti trucidarono 20 detenuti del carcere di Parma. È l'eccidio di Ponte Cantone, a Sant'Ilario d'Enza. Nel sessantaquattresimo anniversario a ricordarlo sono gli studenti di una scuola elementare del luogo del massacro. In un incontro con un maestro ex partigiano, Fausto Calestani
Ieri a scuola è venuto il maestro Calestani che è stato un ex partigiano. In questo cerchio vorrei che ognuno di voi dicesse quello che si ricorda dell'incontro, quello che ha capito. Se c'è qualcosa che non ha capito bene può fare delle domande e possiamo provare a rispondergli insieme.
- Io mi ricordo che lui da giovane era un partigiano, ma quando dopo è finita la guerra ha iniziato a fare il maestro elementare. Ho anche capito il suo nome. Fausto. Si chiama Fausto Calestani.
- Adesso lui ha 78 anni, per questo sa tante cose.
- Io mi ricordo che lui tanti anni fa, nel 1945, ha detto che aveva 19 anni.
- Io mi ricordo che lui da giovane è stato una staffetta partigiana.
- Io questa cosa non l'ho capita bene. Noi in palestra facciamo le gare di corsa a staffetta...
- Ma no, lui era una staffetta perché correva anche lui, ma non per vincere una gara, per vincere la guerra. Lui doveva correre per portare delle cose o delle notizie segrete ai suoi amici partigiani. La sua non era proprio una gara.
- Io mi ricordo quando ha detto che se lo scoprivano, dopo, i fascisti, lo uccidevano, ma non l'hanno mai scoperto e infatti adesso è ancora vivo.
- Io mi ricordo quando ha detto che la sua famiglia era tutta di contadini, che loro si trovavano tutte le sere dopocena nella stalla dove c'erano le mucche per parlare. Andavano lì vicino alle mucche perché le mucche col loro fiato facevamo come un termosifone e in inverno la stalla era la stanza più calda di tutta la sua casa.
- Però non parlavano e basta. In stalla i bambini potevano anche giocare, non solo parlare. E le donne mentre parlavano stavano sempre a cucire qualcosa.
- A me è piaciuto quando ci ha raccontato l'avventura del febbraio del 1945, quando i partigiani avevano sabotato i fili del telefono al Cantone di Calerno, qui vicino alla nostra scuola, vicino alla via Emilia. Avete capito cosa vuol dire?
- Vuol dire rompere, distruggere, non far funzionare più.
- Posso continuare? Lui ci ha detto che loro avevano tagliato i fili del telefono per un motivo: perché così a Sant'Ilario non potevano più arrivare notizie dei comandati tedeschi ai fascisti che avevano preso Sant'Ilario. Allora i tedeschi e i fascisti si erano arrabbiati molto perché Calestani e i suoi amici partigiani gli avevano rotto il telefono e avevano fatto una rappresaglia, che poi era come una vendetta. Calestani ci ha detto che i tedeschi uccisero 19 partigiani.
- Ci ha detto che dovevano essere 20 partigiani, perché la legge dei tedeschi diceva che per ogni tedesco morto dovevano morire dieci italiani. Però un partigiano si è salvato perché i tedeschi avevano preso male la mira e lui aveva fatto finta di morire ma non era morto.
- Loro avevano rotto ai tedeschi i fili del telefono e loro non gli avevano rotto un'altra cosa, avevano ucciso 19 uomini. Che schifo!
- Questo perché i tedeschi erano molto cattivi.
- Ma chi aveva fatto entrare in Italia i tedeschi? Perché non stavano a casa loro?
- E' stato Mussolini, il capo dei fascisti.
- Ma se i fascisti erano anche loro italiani perché non stavano con i partigiani che erano anche loro italiani e invece stavano con i tedeschi che erano tedeschi.
- Ah, io questo non lo so.
- Ma perché Hitler e Mussolini si erano messi d'accordo di stare insieme contro tutti.
- Anche contro gli italiani? Anche contro i tedeschi?
- Sì, contro tutti. Perché loro erano dei dittatori. I dittatori sono contro tutti perché vogliono avere sempre ragione loro.
- Mia madre il maestro Calestani lo conosce.
- Anche mio padre se è per questo.
- Io ho visto anche una foto di Mussolini.
- io mi ricordo quando lui era giovane e c'era la guerra e ha detto che c'era molto poco da mangiare e avevi male alla pancia non perché avevi mangiato male, ma perché non avevi mangiato niente e allora la tua pancia aveva fame e ti faceva male. Il pane non era come adesso, ma era nero e anche un po' bagnato.
- Anch'io mi ricordo quello. Ha detto che si mangiavano soprattutto delle patate perché costavano poco.
- Poi c'era il coprifuoco, cioè dalle ore 20 non potevi più uscire di casa ma chiuderti solo dentro casa dentro a chiave.
- Non potevi neppure accendere le luci della casa perché se i nemici le vedono dopo ti sparano e ti uccidono.
- Oppure ti tirano una bomba dall'aereo e sei morto.
Come era la vita a quel tempo?
- I bambini e i ragazzi giocavano a calcio ma non con un pallone vero, ma con una palla fatta di stracci legati tra loro. Quando lui giocava era felice ma aveva sempre un po' paura che c'era un nemico o una bomba perché durante la guerra non sei mai sicuro.
- C'erano già le corriere ma non andavano a benzina, ma a metano.
- No, a gasogeno, che è un misto di legna e metano.
- Cosa è il metano?
- Un gas che costa poco. Mio zio ha l'auto a metano.
- A me la cosa che mi ha colpito di più è stata sempre quella che se moriva un tedesco, loro uccidevano venti italiani. Però non venti fascisti, venti partigiani.
- Io ho capito bene quando ha detto che da bambino era andato alla scuola fascista come tutti i bambini della sua età. E certe volte a scuola c'erano dei controlli fascisti.
- No, c'erano dei controlli a casa sua.
- Quando c'erano questi controlli lui aveva paura.
- Anche io. Perché ha detto che aveva le gambe come pezzi di legno.
- Da Calerno dopo è andato a Neviano, però.
- Io ci sono stato.
- Dov'è?
- E' un paese della montagna di Parma.
- Io ho capito quando ha detto che non erano bravi soldati, erano un po' improvvisati, non sapevano sparare giusto, non avevano mai sparato.
- Loro avevano imparato a usare le armi da soli.
- Io mi ricordo quando lui ha detto che tutti i partigiani avevano dei soprannomi per non farsi riconoscere e il suo era partigiano Mitra.
- Lui però non ha mai ucciso nessuno.
- Mi ricordo quando lui ha detto che non aveva mai ucciso nessuno, ma io non ci credo.
- Perché?
- Perché se hai un mitra e ti vogliono uccidere tu ti fai uccidere o gli spari? Io gli sparo. Se lui è vivo e non è morto è perché gli ha sparato per primo, altrimenti non diventava neanche vecchio, era già morto.
Provate a riassumere meglio la storia dei morti di Ponte Cantone?
- Allora, inizia che una sera il prete di Calerno ha sentito bussare alla porta della chiesa: era un camion tedesco con dei morti e dei feriti. Lui li ha aiutati. Li ha curati.
- Erano stati mitragliati dai partigiani. Allora dopo i tedeschi volevano uccidere della gente di Calerno.
- Perché erano morti due tedeschi, allora la legge dei tedeschi diceva che per ogni morto loro dovevano essere dieci morti partigiani, così 2 x 10 fa venti.
- Però non hanno ucciso delle persone di Calerno.
- Hanno preso venti partigiani che erano rinchiusi nel carcere di Parma e li hanno portati a Calerno, poi li hanno fucilati. Però uno si è salvato.
- Sì, lui si chiamava Tosini.
- Era giovane anche lui, come gli altri. Hanno sparato anche a lui, a una gamba. Lui ha fatto finta di morire però era vivo. Si era salvato.
- E' stato tutta la notte nella neve. Al mattino il nonno di un nostro compagno di classe ha sentito dei lamenti nel campo, si è accorto che era vivo.
- Dopo ha avvertito il prete, l'hanno portato in parrocchia per curarlo. Però dopo sono arrivati i tedeschi.
- Il prete di allora, don Italo, non voleva che lo prendessero. Loro hanno detto che non lo avrebbero ucciso, ma poi l'hanno fatto salire sopra.
- A un certo punto mentre andavano si sono fermati col camion, hanno ucciso anche lui, anche Tosini, hanno buttato il suo corpo nel fiume.
Che effetto vi fa sentire questa storia?
- A me ha sorpreso molto, perché io sapevo che c'era stata la guerra dei fascisti ma non pensavo che c'era stata anche in un paese così piccolo come il nostro, ma solo in quelli grandi.
- Io a Calerno avevo già visto il monumento ai morti di Ponte Cantone ma non sapevo bene la storia. Mi fa piacere che adesso almeno la conosco.
- A me mia mamma un po' me l'aveva detta questa storia, ma adesso la so meglio.
- Io ho capito che i partigiani erano italiani. Loro erano giovani, io non pensavo che erano così giovani, dei ragazzi.
- Io ho capito che loro sono stati fucilati per le loro idee. Per vendetta ma anche per le loro idee, perché i fascisti e i nazisti ammazzavano chi non la pensava come loro.
- Per me è stato bello scoprire una storia del mio paese che non sapevo ancora, anche se non è una storia molto bella perché muoiono tutti.
- Io ho pensato che i nazisti erano cattivi.
- Io ho capito che in tanti sono morti per avere più libertà e anche per avere un mondo migliore come quello che abbiamo noi oggi e un po' mi sono commosso.
- Io avevo visto che lì alla posta c'era un monumento ma prima non sapevo niente, mi ha fatto piacere saperlo.
- Io ho capito che i partigiani non volevano le leggi razziste. Me lo aveva già detto mia nonna.
- Io ho imparato che non bisogna comandare sempre uno o due, ma tutti. Ho imparato che bisogna condividere le cose, non tenerle solo per uno.
- Io quando ho saputo questa storia sono rimasto di stucco perché non mi sarei mai immaginato che era così.
- Io ho pensato che se allora c'ero io, avevo paura. Io non lo so se facevo il partigiano o no. Secondo me quei ragazzi che hanno fatto i partigiani erano molto coraggiosi perché poi molti sono anche morti.
Secondo voi perché è importante ricordare questo fatto?
- Perché ti fa imparare cosa è giusto e cosa è sbagliato.
- Perché è la storia del nostro paese, ci riguarda.
- Perché ormai siamo grandi e dobbiamo sapere tutto, non solo le cose migliori.
- Secondo me è importante ricordare questo fatto perché ci dice come comportarci.
- Se conosci bene le cose del passato, anche quelle brutte, mio nonno dice che dopo è più facile che non succedono più cose brutte.
- Mio padre invece dice che la storia si ripete, è sempre uguale.
- Però adesso non ci sono i fascisti.
- Neanche i partigiani, se è per quello. Ma prima c'erano perché c'erano anche i fascisti, c'erano i nazisti, c'era la guerra. Adesso invece la guerra non c'è più. Almeno qui a Calerno. In altri posti del mondo c'è, ma qui no.
- Secondo me è importante sapere la storia del passato perché così uno oggi impara a essere più prudente.
- Se uno sa questa storia è vero, è più difficile che adesso l'Italia diventa prigioniera di altri popoli, di altre nazioni. Perché quella era la prima volta, ma se cercano di farlo ancora, adesso noi lo sappiamo e non vogliamo.
Cosa vi ha colpito di più di questa storia?
- A me ha colpito molto il prete di Calerno, don Italo, il prete di prima, il prete che c'era durante la guerra. Mi ha colpito perché lui cercava di curare tutti, sia i tedeschi sia i partigiani. Lui non voleva che moriva nessuno, però non c'è riuscito molto.
- A me ha colpito come erano furbi e anche come erano giovani i partigiani, io pensavo che erano molto più vecchi.
- A me ha colpito molto che questa è una storia vera, perché me la ha detto anche mio nonno. Io pensavo che non era vera, invece è una storia vera perché è accaduta veramente. Io non pensavo che a scuola studiavamo anche storie vere.
- Sì, però in prima o in seconda, adesso siamo più grandi e non possiamo studiare solo favole.
- Io prima non facevo mai caso al monumento quando passavo da Ponte Cantone, invece adesso ho capito a cosa serve.
- A me ha stupito che questa cosa dei morti è successa proprio qui. Mentre sentivo, io pensavo: ma perché è successa proprio qui e non da un'altra parte?
- A me hanno colpito i partigiani perché io non so se morivo per la libertà, io credo di no...
- Anche io. Io credo che adesso nessuno vuole più morire.
- Ma anche loro non volevano morire, allora.
- Sì, sì, ma io adesso penso che un ragazzo di venti anni non farebbe mai il partigiano anche se c'è una guerra che scoppia adesso. Perché adesso tu non muori, tu speri di campare.
- Mio padre e mia madre però una volta mi hanno detto che loro, per me, morirebbero.
- Ma loro non sono partigiani.
- Cosa vuol dire? Però loro morirebbero per un altro, per me.... Allora...
- Ma quella è un'altra cosa. Adesso non c'è la guerra.
- Poi io ho sentito che quando c'è il parto una donna può anche morire, magari il figlio nasce e lei però muore...
- Ma cosa c'entra? Io dico solo che una volta erano più coraggiosi.
- Io penso di no, perché se c'era una guerra magari erano coraggiosi anche dei giovani di oggi.
- Sì, erano coraggiosi, però non morivano, non morivano per gli altri.
- Sì, però per i loro figli morivano? Secondo me sì. Perciò il coraggio è sempre uguale.
- Per me no, è di meno. Comunque, adesso non c'è guerra e perciò non deve morire nessuno.

sabato 14 febbraio 2009

La quinta brigada



La 5a milizia popolare conosciuta come Quinto Reggimento è stato un corpo militare di volontari della Seconda repubblica spagnola durante i primi mesi del guerra civile spagnola. L'origine del Quinto Reggimento risale alla Milicias Antifascistas Obreras y CampesinasJuan Modesto [1]come capo nel 1933 a Madrid, la milizia aveva il compito di protezione protezione per i socialisti e comunisti, composto principalmente da militanti della Gioventù Socialista Unificata JSU, quando vi fu la rivolta militare del generale Francisco Franco vi furono 5 battaglioni della milizia che parteciparono attivamente alla difesa di Madrid.Il Quinto Reggimento ha partecipato alla presa della caserma della Montagna ,situata sul colle del Principe Pio , dove inizio' la rivolta franchista a Madrid ad opera del generale Fanjul [2] il 23 luglio 1936 .Successivamente il Quinto Regimiento utilizzo' la scuola-convento dei Salesiani come base per le operazioni militari e di formazione per i lavoratori e contadini alla disciplina militare .Il Quinto Regimiento e' diventato famoso a causa della sua alta formazione militare e la coesione dei suoi membri .Il numero di arruolati è cresciuto rapidamente , passando da 6.000 a 20.000 miliziani tra i mesi di agosto e novembre ,le operazioni militari sono state condotte attorno molto spesso alla capitale .La milizia del V reggimento ,soprannominato il Reggimento di ferro , veniva mandata quasi sempre in prima linea e nelle principali azioni all'inizio della guerra civile spagnola per evitare il crollo del capitale repubblicana, Madrid, la milizia del V partecipo' alla battaglia di Somosierra, Guadarrama, Talavera e Toledo, all' evacuazione della Museo del Prado a Valencia. Il Quinto Reggimento divenne il fiore all'occhiello dell'esercito popolare repubblicano .I suoi capi sono nomi conosciutissimi nella Guerra di Spagna , Juan Modesto, Enrique Lister, Valentin Gonzalez[3] "El campesino" e Etelvino Vega Martínez.La milizia del V reggimento viene alfine inquadrata nell'esercito regolare repubblicano il 22 gennaio 1937.Vittorio Vidali, uno dei suoi comandanti, proclama quel giorno: "Il Quinto Reggimento è morto! Viva l'esercito del popolo!" La 11 esima Divisione 11 prendera' il nome di Battaglione Lister.

Struttura e Fama


Nonostante le sue origini di formazione nettamente comunista l'arruolamento nel Quinto Reggimento è stato molto comune tra i difensori della Repubblica Spagnola di ogni ideologia, per il suo buon funzionamento , i soldati potevano scegliere il loro sergenti e gli ufficiali di rango inferiore, ma dopo di cio' non si potevano mettere in discussione gli ordini.Questa struttura era comune in gran parte della milizia antifascista e ne tratta anche il libro Francesco Fausto Nitti, L'uomo che beffò Hitler e Mussolini di Pietro Ramella per quanto riguarda l'ordinamento dell'ex battaglione anarchico denominato battaglione della morte, e di altre Colonne antifasciste , quando ne assunse il comando il Nitti che venne il Comandante Rosso .La buona organizzazione del V reggimento ,la sua una buona istruzione disciplinare e il fatto che molti dei suoi membri conoscevano il corretto funzionamento delle armi ha fatto si che il V Reggimento ben presto diventasse reggimento di élite al punto tale da divenire quasi una leggenda , cio' dimostrato da canzoni popolari dedicate al V Reggimento ancora adesso e .La canzone del periodo , forse maggiormente conosciuta , legata al V Reggimento e' El Paso dell'Ebro [4]conosciuto anche come Ay Carmela che ne e' il ritornello , Il V era dotato anche di un proprio giornale dal nome Milizia Popolare. Numerosi gruppi di cantanti ed anche singoli han dedicato canzoni al V Regimiento nel seguito.






Christy Moore - Viva La Quince Brigada

mercoledì 11 febbraio 2009

Osservatorio Sul Razzismo e le Diversità "M. G. Favara"Dal diritto alla salute alla cura come privilegio:

In questi ultime settimane le notizie di violenze e pestaggi contro migranti in tutta la penisola sembrano trovare il loro contrappunto nelle iniziative di stampo sempre più segregazionista del Governo in tema di accoglienza e gestione dei flussi migratori.
L'appello che qui riportiamo della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni pone l'attenzione su una delle ultime e meno conosciute proposte governative, ovviamente contenute nell'ennesimo Pacchetto Sicurezza, che intaccano uno dei diritti fondamentali della persona e della collettività tutta, ovvero quello alla cura e alla salute e hanno l'effetto di rendere ancora più lontana e inaccessibile la società italiana, i diritti e i doveri su cui essa dovrebbe costruirsi, ai migranti.


Appello SIMM: ritirare l’emendamento che modifica l’art. 35 del T.U.!

Un atto inutile e dannoso anzi pericoloso.
Nell’ambito della discussione in Senato del cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” (atto 733), in commissione congiunta Giustizia ed Affari Costituzionali, è stato depositato da quattro senatori ed una senatrice della Lega Nord un emendamento che mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi per la componente irregolare e clandestina.

Sono previste due modifiche al comma 4 e comma 6, e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione).

Partiamo dal comma 5, la cui cancellazione è di estrema gravità: esso infatti attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”. Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare” (per altro deontologicamente assolutamente corretta!) ma in particolare di tutelare la collettività come prevede l’articolo 32 della Costituzione; il rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria, creerebbe una barriera insormontabile per l’accesso e spingerebbe ad una “clandestinità sanitaria” pericolosa per l’individuo ma anche per la popolazione laddove possano esserci malattie trasmissibili. Ormai esiste una significativa documentazione sul tema, compresa la posizione della Federazione degli ordini dei medici italiani, di alcune Società scientifiche e dei Ministri della sanità europei ... che sottolineano l’indispensabilità di questa impostazione per garantire concretamente la salute per tutti (è assolutamente intuitivo come le malattie non facciano distinzione di "etnia", status giuridico o colore della pelle). L’effetto della cancellazione di questo comma vanificherebbe il lavoro fatto negli ultimi 13 anni che ha prodotto importanti successi nell’ambito sanitario tra gli immigrati testimoniato ad esempio dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale ...). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più “efficiente” in termini di economia sanitaria.

La modifica al comma 4 introduce invece un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso facendo della “barriera economica” e dell’eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di “cure gratuite agli indigenti”), un possibile strumento di esclusione, forse compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni.

Il comma 6, sembra invece soltanto un aggiustamento rispetto al mutato quadro delle competenze sanitarie a seguito del processo di devoluzione.

Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perchè:
  • spingerà all’incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo;
  • potrà produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti, ...);
  • creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;
  • avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e la probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;
  • produrrà un significativo aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e le condizioni di arrivo saranno significativamente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati;
  • spingerà molti operatori ad una “obiezione di coscienza” per il primato di scelte etiche e deontologiche.

Riteniamo estremamente pericoloso il provvedimento poichè soprattutto in un momento di trasformazione sociale e di sofferenza economica, questo atto va ad intaccare il cosiddetto “capitale sociale” della società (contrasto tra italiani e stranieri, diritti negati e nascosti, radicale differenza nella vision dell’approccio professionale) che una significativa letteratura scientifica definisce condizione per una deriva nel conflitto sociale (le cui prime avvisaglie stiamo già vivendo negli ultimi tempi).

Come medici ed operatori sanitari ci appelliamo perchè piuttosto che logiche di partito prevalga, alla luce delle evidenze tecnico scientifiche e di consolidate politiche sanitarie, un approccio intelligente e concreto di sanità pubblica come è già avvenuto nel 1995.


Il Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni


Di fronte ad un appello del genere c'è veramente da meditare i nostri governanti ci stanno portando la dove,difficilmente anni fà avrei immaginato potesse accadere nell'angolino della vergogna.vergogna di essere italiano,vergogna per aver permesso che questa gente continui ad essere al potere

,vergogna per chi ha dato la vita per questo paese.pensare che un popolo di emigranti come noi ora dovrebbe essere orgoglioso di avere cittadini di altri paesi che bussano alle nostre porte.Loro immaginano che quà da noi ci sia il benessere il lavoro e la possibilità di costrursi un futuro.
E noi invece cosa facciamo?con scuse assurde cerchiamo di ridurli ad esseri inferiori e se per disgrazia il poveretto è clandestino ecco cosa si profila nel prossimo futuro la medicina clandestina sai che evoluzione .
grazie sig. cavaliere e grazie anche ai suoi sgherri